Telefonia cellulare e suoi effetti

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    La misteriosa sparizione delle api

    E’ un mistero, le api spariscono. Gli Americani, i primi ad accorgersene (come al solito), negli ultimi anni hanno registrato una diminuzione nel numero di api del 30%, con punte fino al 70%, in oltre la metà degli Stati Uniti, e hanno coniato un nome per il fenomeno: Collapse Colony Disorder, CCD. Anche in Europa, stessa morìa: grida di allarme si levano dagli apicoltori francesi, svizzeri, italiani, inglesi, spagnoli e tedeschi, gli scienziati sono al lavoro per cercare di capire le cause della strage e le amministrazioni si interrogano su come arginare la catastrofe economica.

    Ora, qualcuno potrà pensare, ma in fondo che sarà mai, tutto questo putiferio per qualche ape in meno… pungono pure, e accidenti se fanno male, meglio levarsele di torno! E invece no, anche se il miele non vi piace per niente e la sola vista della pappa reale vi fa rabbrividire, sappiate che soltanto negli Stati Uniti ben il 90 % delle colture agricole commerciali conta sulle api per l’impollinazione, con un giro di affari tra i 10 e i 20 miliardi di dollari l'anno. Dunque, senza api, niente più mele, arance, pesche, e neanche mandorle, soia, cotone. Addirittura Einstein, che di mestiere non faceva l’allevatore di api e quindi non era di sicuro coinvolto in un conflitto di interessi, aveva avvertito che se le api fossero scomparse, all’umanità non sarebbero rimasti che quattro anni di vita. Insomma, nell’era del “biotec” l’uomo potrebbe ritrovarsi a dipendere da un insettino del peso di un decimo di grammo. Le api infatti rappresentano un vero e proprio indicatore dello stato di salute della terra. In Italia ci sono più di 1 milione di alveari, e si producono oltre 10 mila tonnellate di miele l'anno. Gli Svizzeri (come smentirne la proverbiale precisione!) hanno calcolato perfino la densità di api sul loro territorio (4,6 api al m2), per confrontarla con quella in Italia ed Austria (4) e Germania (2). Il problema è che la diminuzione delle colonie di api dalle circa 350.000 negli anni trenta - quaranta alle attuali 190.000 non è imputabile alla diminuzione degli allevamenti, ma al fatto che improvvisamente intere colonie muoiono. E’ stata data la colpa ad agenti infettivi come acari, virus, batteri, ma nessuno di questi basta a spiegare l’entità del fenomeno. E se invece fosse proprio l’uomo il vero responsabile?

    Tanto per cominciare, l’averle addomesticate potrebbe avere modificato le api, rendendole più vulnerabili verso alcune infezioni; altra causa plausibile l’inquinamento, in particolare i pesticidi nell’ambiente. Ma, fra i principali imputati, le onde elettromagnetiche dei telefoni cellulari, che, come suggerito da diversi esperimenti, sembra interferiscano con il sistema di orientamento delle api bottinatrici, quelle che vanno di fiore in fiore a succhiare il nettare e così provvedono all’impollinazione, impedendo loro di riconoscere la via di casa e condannandole a morte certa. A quel punto anche gli inquilini stabili dell’alveare, privi di nutrimento, faranno la stessa misera fine. Questo spiegherebbe, secondo diversi ricercatori, tra cui non solo biologi ma anche esperti di telefonia mobile, come l’epidemiologo George Carlo, perché alcuni alveari siano stati ritrovati completamente vuoti. Purtroppo, nella meravigliosa organizzazione dell’alveare è insita la sua debolezza. In un alveare ci sono fino a 60.000 api, una sola è la regina, che può vivere fino a 4-5 anni deponendo fino a 2000 uova al giorno, le altre, le operaie lavorano in casa, mentre le bottinatrici escono a procurare il cibo per tutti. Queste volano ad una velocità di circa 24 Km/h, compiono una media di 400.000 voli per produrre un chilo di miele, per un totale di circa 220-250 Kg a stagione! In più, comunicano distanza e posizione della sorgente di cibo alle “colleghe” grazie all’affascinante danza ondeggiata a forma di “8”, o ''waggle dance'' il cui mistero è stato svelato grazie a sofisticati esperimenti con l’uso del radar.

    Questo sconcertante esempio di collaborazione sociale ora è in crisi: i nostri ultramoderni sistemi di comunicazione, sviluppati in un paio di decenni, mettono in pericolo il loro, che dura da millenni. Un tempo gli dei avrebbero punito l’umanità che, dopo aver loro sottratto il nettare, lo fa perfino sparire, ora, più prosaicamente, non solo la produzione di miele è a rischio, ma tutta l’economia agricola. Stavolta scienza e mitologia sono d’accordo: l’uomo sta mettendo a repentaglio il suo futuro, e le api, da piccoli esseri intelligenti quali sono, ci avvisano chiedendo aiuto.
     
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