L'eutanasia

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  1. quaderni usurati
     
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    CITAZIONE (langsamerbitte @ 25/10/2005, 01:10)

    Vallo a vedere uno che campa così. La speranza è tutta nostra.

    ..ovvio..

    ma metti che uno intubato ne sia cosciente e cerca in tutti i modi di uscire dallo stato vegetativo.
    visto che non è stato provato l'impossibilità della cosa.. chi ci dice che non possa sperare???

    cmq quanto nel passato post mi riferivo a quella delle persone al capezzale!!
     
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  2. olcesamante
     
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    CITAZIONE (quaderni usurati @ 25/10/2005, 01:25)
    CITAZIONE (langsamerbitte @ 25/10/2005, 01:10)

    Vallo a vedere uno che campa così. La speranza è tutta nostra.

    ..ovvio..

    ma metti che uno intubato ne sia cosciente e cerca in tutti i modi di uscire dallo stato vegetativo.
    visto che non è stato provato l'impossibilità della cosa.. chi ci dice che non possa sperare???

    cmq quanto nel passato post mi riferivo a quella delle persone al capezzale!!

    Scusate la somma ignoranza, ma uno in stato vegetativo può essere cosciente?
    (Questa non ditela a mio padre...)
     
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  3. langsamerbitte
     
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    La risposta è no. O almeno non è dimostrato che possano pensare. Ma questo non ha niente a che fare con la questione: qui si parla di gente cosciente, che decide di morire.
    Per quanto riguarda chi invece è sicuramente incosciente, almeno per la scienza, beh loro sono tutelati già dalla legge. Vedi la dicitura "staccare la spina".

    Suona assurdamente "Vicious" Lou Reed
     
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  4. Aspasia
     
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    Ieri L'altro ho visto un film: "Mare dentro"

    Mi son chiesta cosa penso dell'eutanasia.... a dire il vero nn saprei dirlo... penso solo una cosa però:

    forse nel mio momento confusionale potrei nn capire nulla diq uello che sto per dire, potrei dire una cosa senza senso ma il mio tatto tocca una cosa che chiama verità....

    è ingiusto perfino decidere oggettivamente se debba esser definita e dichiarata lecita o illecita l'eutanasia, perchè io ritengo che le sofferenze altrui così come le gioie nn debbano stare sotto il giudizio e la critica di nessuno ed oltre questo....... penso anche che chi voglia morire, non debba chiedere il permesso a nessuno......

    poi è chiaro che se gli mancano i mezzi fisici, allora lì nasce il problema.. e la discussione, ma credo che il principio sia quello è duro a dirsi ma son censurabili le critiche sulle sofferenze e le gioie altrui......
    nessuno può arrogarsi il diritto di farlo......
    quando l'umanit capirà questo allora si potrà discutere
     
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    CITAZIONE (Cercatore86 @ 24/10/2005, 09:05)
    CITAZIONE (Hamlet da Hamelin @ 23/10/2005, 22:51)
    Ahimè, non intendi ciò ch'io scrivo: ma forse son io che scrivo troppo oscuro.

    Volevo dire che gli (altri) animali non cercano significati extra-vitali nella propria vita, mentre l'uomo sì.

    Ah bene, vorrei sapere che significato dai ad un vegetale in un letto collegato ai tubicini.

    Certamente lì non è più possibile un significato extra-vitale.
     
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  6. langsamerbitte
     
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    Melania, nessuno può censurare l'infelicità di un malato, nessuno criticarla. Qui ci si chiede se è giusto che lo stato, nella figura dei medici e dei sanitari in generale, aiuti attivamente qualcuno a morire, o quantomeno gli fornisca gli strumenti necessari. E' una questione se vogliamo di tutela - in fondo sono già tanti i medici che in modo sotterraneo praticano l'eutanasia. E' giusto che lo stato annoveri tra i suoi prioncipi etici anche il diritto a una dolce morte - venendo quindi irrimediabilmente a patti con un altro principio, che è la difesa della vita e della salute delle persone? E allora cos'è vita, cos'è salute?
     
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  7. Cercatore86
     
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    CITAZIONE (Hamlet da Hamelin @ 25/10/2005, 23:44)
    Certamente lì non è più possibile un significato extra-vitale.

    Certamente l'eutanasia si dà a persone ridotte in questo modo.
     
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  8. GaborKinski
     
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    CITAZIONE (langsamerbitte @ 26/10/2005, 02:38)
    E allora cos'è vita, cos'è salute?

    La vita è dignità. La salute è un pilastro fondamentale su cui si fonda la dignità. Ovviamente questa è solo un'indegna opinione personale tongue.gif
     
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  9. [Valeria]
     
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    vorrei esprimermi a riguardo solo con un intervento:

    a mio parere nessuno di noi, me compresa, può realmente dire cosa sia giusto o meno...per giudicare bisogna trovarsi nella situazione ( e sinceramente non lo auguro a nessuno).

    Se avessi potuto scegliere (ma purtroppo non ho potuto) tra mantenere mio padre in vita o lasciarlo morire, egoisticamente,forse, avrei detto "Non voglio perdere le speranze"... ma poi pensando che avrebbe potuto soffrire ulteriormente, solo il pensiero di farlo lottare ancora contro la morte mi avrebbe uccisa.

    Io fossi morente, forse, chiederei di vivere ancora , perchè amo la vita (anche se fa cacare) ma in realtà chi mi assicura che invece preferirei morire per non soffrire!?!
    e che diritto hanno gli altri di scegliere?
    neanche io che SONO sua figlia avrei potuto scegliere per il mio papà. anche se so che magari lui avrebbe preferito rimanere qui con me e la mia famiglia....

    purtroppo nella vita ci vuole culo, e queste situazioni sono troppo difficili da valutare...
    alla fine non siamo noi che decidiamo in ogni caso....
     
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  10. sigfrido
     
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    Caro Presidente,

    scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cittadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie parole, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese.

    Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l’ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita.
    La giornata inizia con l’allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catheter mounth, trascorre con il sottofondo della radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazioni, bevute di pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul pc. Ora la mia patologia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l’aiuto di mia moglie e di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer perchè sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un’ora una posizione differente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi assopisco, ma mi risveglio spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio ma la ascolto distrattamente. Non riesco a concentrarmi perché penso sempre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un altro sforzo a mettermi seduto, con l’aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado peggio, sempre più debole e stanco. Dopo circa un’ora mi accompagnano a letto. Guardo la tv, aspettando che arrivi l’ora della compressa del Tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina.
    Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà.

    Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una “morte dignitosa”. No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte.

    La morte non può essere “dignitosa”; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia “dignitosa” è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell’occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: “Ostico, lottare. Sfacelo m'assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m'accerchia senza spiragli. Non esiste approdo”.

    L’approdo esiste, ma l’eutanasia non è “morte dignitosa”, ma morte opportuna, nelle parole dell’uomo di fede Jacques Pohier. Opportuno è ciò che “spinge verso il porto”; per Plutarco, la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo “luogo” dove è possibile un riposo, non lieto, ma sicuro.
    In Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non “esista”: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente “terminale” che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di “approdo” alla morte opportuna.
    Una legge sull’eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L’associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato) Comitato Nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l’impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell’alveo della tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L’opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante ed hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada. Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente.
    Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. Tra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitali riescono a spostare sempre più in avanti nel tempo. Per il modo in cui le nostre possibilità tecniche ci mantengono in vita, verrà un giorno che dai centri di rianimazione usciranno schiere di morti-viventi che finiranno a vegetare per anni. Noi tutti probabilmente dobbiamo continuamente imparare che morire è anche un processo di apprendimento, e non è solo il cadere in uno stato di incoscienza.

    Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che “di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale”. Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa “giocare” con la vita e il dolore altrui.
    Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico.

    Sono consapevole, Signor Presidente, di averle parlato anche, attraverso il mio corpo malato, di politica, e di obiettivi necessariamente affidati al libero dibattito parlamentare e non certo a un Suo intervento o pronunciamento nel merito. Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo confronto.

    Il sogno di Luca Coscioni era quello di liberare la ricerca e dar voce, in tutti i sensi, ai malati. Il suo sogno è stato interrotto e solo dopo che è stato interrotto è stato conosciuto. Ora siamo noi a dover sognare anche per lui.

    Il mio sogno, anche come co-Presidente dell’Associazione che porta il nome di Luca, la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l’eutanasia. Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi.

    Piergiorgio Welby



    Roma, 23 settembre 2006

    Caro Welby,
    ho ascoltato e letto con profonda partecipazione emotiva l’appello che lei ha voluto pubblicamente rivolgermi. Ne sono stato toccato e colpito come persona e come Presidente.
    Lei ha mostrato piena comprensione della natura e dei limiti del ruolo che il Parlamento mi ha chiamato ad assolvere, secondo il dettato e lo spirito della nostra Costituzione.
    Penso che tra le mie responsabilità vi sia quella di ascoltare con la più grande attenzione quanti esprimano sentimenti e pongano problemi che non trovano risposta in decisioni del governo, del Parlamento, delle altre autorità cui esse competono. E quindi raccolgo il suo messaggio di tragica sofferenza con sincera comprensione e solidarietà. Esso può rappresentare un’occasione di non frettolosa riflessione su situazioni e temi, di particolare complessità sul piano etico, che richiedono un confronto sensibile e approfondito, qualunque possa essere in definitiva la conclusione approvata dai più.
    Mi auguro che un tale confronto ci sia, nelle sedi più idonee, perché il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio, la sospensione o l’elusione di ogni responsabile chiarimento.
    Con sentimenti di rinnovata partecipazione,
    Giorgio Napolitano
     
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  11. Cercatore86
     
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    Mah... lo dico pubblicamente: dovessi essere malato terminale sparatemi un colpo in testa.
     
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  12. sigfrido
     
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    Fino al settembre 2002 ero contrario all' eutanasia,
    dopo una decina di giorni d'ospedale e aver visto la straziante e lunga agonia del mio vicino di letto,
    (non ho mai scambiato una parola con quell'uomo-pace all'anima sua ovunque sia in questo momento-
    ma ha avuto un peso enorme nella mia vita, non lo dimenticherò mai)
    un ottantaseienne che moriva per un aneurisma, ho cambiato drasticamente opinione.
     
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  13. Lohengrin80
     
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    forse se non si hanno conoscenti che vivono questa situazione è difficile giudicare... la lettera è stato davvero molto toccante, sopratutto quando si è negata l'esistenza di una morte degna... altissimo valore morale ed etico...
     
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  14. playboysfygato
     
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    il diritto inalienabile di tirare le cuoia se si soffre troppo mi sembra sacrosanto.... mi pare ridicolo che nel 2006 dobbiamo pure discuterne.... che assurdità ....perchè la religione conta ancora tanto nelle nostre vite? e morali desuete trovan terreno feritile creando un casino di sofferenze...
     
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  15. e se c'ero dormivo
     
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    ...ognuno dovrebbe poter scegliere.

    Mi inchino dinanzi a chi sopporta il dolore fino alle fine,con dignità...ma non credo che chi chieda l'eutanasia lo faccia per
    'capriccio'...per arrivare a preferire la morte alla vita deve esserci un grado di disperazione e di dolore immane...
    ...e nessuno ,se non lo prova,può dire che sia 'peccato' decidere di chiudere gli occhi ed andare a riposarsi.
     
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49 replies since 23/10/2005, 15:24   1016 views
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