Marco Palasciano

alta letteratura

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  1. Hamlet da Hamelin
     
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    ;) Del Palasciano-letterato ha parlato ieri il Mattino, come può gustarsi alla seguente pagina webmattiniera:

    ilmattino.caltanet.it/mattino/view.php?data=20060605&ediz=NAZIONALE&npag=36&file=SPAL.xml

    che (potrebbe sparir, non si sa mai) ecco qui riportata.


    IL LIBRO
    Palasciano e la parodia dell’epoca borbonica

    Guido Caserza -
    Non sarà un caso se i romanzi più audaci dal punto di vista formale continuano a essere pubblicati da piccoli editori di frontiera e quindi destinati a restare ai margini del grande mercato librario. È toccato a Gianluca Gigliozzi con il suo Neuropa (Pensa) e tocca ora al capuano Marco Palasciano il cui Prove tecniche di romanzo storico è stato pubblicato in questi giorni dalla campana Lavieri. Che poi sia il romanzo di Gigliozzi che questo di Palasciano siano due romanzi storici sui generis costituisce forse un’altra casualità sui cui sarebbe interessante indagare. La storia, con le sue aberrazioni, sembra infatti suscitare l’interesse di questi romanzieri che dipanano trame complesse, con tortuose digressioni, e che usano soggetti storici per riflettere sul tema del potere. Palasciano ha ambientato il suo romanzo al tempo del Regno di Napoli, tra discese napoleoniche, regno di Murat, congresso di Vienna e Restaurazione, inscenando un teatrino farsesco che, per alcuni aspetti, richiama alla mente l’Ubu di Jarry. In realtà Palasciano, parodizzando le tecniche narrative del romanzo storico, parodizza l’idea stessa della storia, mettendo in rilievo la vanità di ogni ipotesi storiografica. La Napoli borbonica diventa poi lo specchio fumettistico della Paperopoli contemporanea anche se, per attualizzare i fenomeni, Palasciano cede volentieri a facili ammiccamenti. Queste Prove tecniche rappresentano in sostanza uno specimen carnascialesco di romanzo storico o, meglio, l’impossibilità di romanzare seriamente la storia, poiché la storia degli uomini non è cosa seria, ma amara materia di riso e l’autore è lì a ricordarcelo, nel momento in cui dichiara beffardo che le sue Prove non hanno «altro umile fine se non di dimostrare che l’Autore discende da Beethoven».

    Edited by Hamlet da Hamelin - 6/6/2006, 12:58
     
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