PSICOANALISI

«SPIETATA SCUOLA DI EGOISMO»?

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    Non sono mai stato in analisi e non posso saperlo (voi sapete?), ma intanto da vari amici e conoscenti mi giungono testimonianze (e voi ne avete? o testimonianze contrarie?) sul fatto - o è ciò che appare dall'esterno - che la psicoanalisi peggiori le persone, rendendole egocentriche, insensibili eccetera. Leggo ora (che ne pensate?) una pesante provocazione, in tal senso, ritagliata dal romanzo di Michel Houellebecq Estensione del dominio della lotta:

    «Con l'alibi della ricostruzione dell'Io, in realtà gli psicoanalisti procedono ad una scandalosa demolizione dell'essere umano. Innocenza, generosità, purezza… tutto viene rapidamente triturato dalle loro rozze mani. Gli psicoanalisti, pinguemente remunerati, supponenti e stupidi, annientano definitivamente nei loro cosiddetti pazienti qualunque attitudine all'amore, sia mentale sia fisico; in pratica si comportano da veri e propri nemici dell'umanità. Spietata scuola di egoismo, la psicoanalisi sfrutta con agghiacciante cinismo le brave figliole un po' smarrite e le trasforma in ignobili bagasce dall'egocentrismo delirante, incapaci di suscitare altro che un legittimo disgusto. In nessun caso bisogna accordare la minima fiducia a una donna che sia passata per le mani degli psicoanalisti. Meschinità, egoismo, arrogante ottusità, completa assenza di senso morale, cronica incapacità di amare: ecco il ritratto esaustivo di una donna "analizzata"».


    Edited by Hamlet da Hamelin - 16/9/2008, 04:50
     
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  2. ciegantifaz
     
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    aheie..
    no comment

    (Flavia in un doping di memorie rimosse)
     
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  3. tristanotradito
     
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    L'Analisi è un relitto del Novecento. Forse tempo qualche decennio e come pratica si sarà estinta del tutto, ma per il momento trovo la sua vitalità un aspetto molto interessante, sul quale m'interrogo.
    Si fonda su un'idea di relazione che, fatta eccezione per la famiglia e le coppie conviventi, in condizioni normali non ha né tempo né luogo, cioè la relazione esclusiva che si protrae per anni all'interno di uno spazio (la stanza analitica) sostanzialmente altro dal mondo esterno.
    Ovviamente si paga, di solito non poco, ma pare che per la creazione dello spazio l'aspetto contrattuale sia essenziale (sebbene non il solo).

    Certo fatico un po' a immaginarmi Melanie Klein descritta come una cinica megera, così come anche Bowlby o Hillman come presuntuosi imbecilli. Alle teorie dell'attaccamento di Bowlby la psicologia contemporanea deve moltissimo (anche il cognitivismo), e Hillman è autore di un illuminante libro sul suicidio che è illuminante pure sul senso della pratica analitica (Hillman è quello che ha scritto il famoso Cent'anni di psicoanalisi. E il mondo va sempre peggio e che resta convinto sostenitore dell'analisi, dell'analisi laica in particolare cioè, lui intende, quella fatta non da medici).

    Personalmente non ho esperienza di persone rovinate dall'analisi. Al limite potrei pensare a casi in cui l'analisi sia fallita o non sia continuata abbastanza da portare qualche frutto, e le persone interessate continuino a non stare bene. Ma ad ogni modo non è di questo che parla Houellebecq.
    Ad ogni modo come fare ad affrontare il problema della sofferenza psichica: estirpiamo dal mondo la sapienza analitica e ci teniamo le altre psicoterapie? o buttiamo a mare queste e quella e ricorriamo alla morale? O confidiamo solo nell'amore? Quest'ultima ipotesi sarebbe la più bella e auspicabile, ma ahimè forse ingenua: il paradosso infatti è che a quanto pare le relazioni amorose (genitori-figli, amanti, amici) più che risolvere problemi ne generano.

    Comunque, classicamente, l'analisi riuscita è per eccellenza quella che ha esito nel matrimonio del paziente, e sulla base di questo potremmo almeno sperare, speriamo non troppo ingenuamente, che la risoluzione di conflitti a cui mira l'analisi sia indirizzata a un'apertura del paziente all'amore e non alla disperante solitudine Houellebecqiana : )

    Edited by tristanotradito - 16/9/2008, 12:06
     
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  4. M'innamoravoDiTutto
     
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    Nemmeno io sono mai stata in cura, però secondo me il problema è double-face: da un lato c'è la banalizzazione dell'analisi da parte di molti "addetti ai lavori". Dall'altro c'è il fatto che, a mio avviso, la stessa analisi si basa su categorie vecchie. Se la società, e quindi anche i singoli, sono cambiati così tanto, dovrebbero cambiare anche gli strumenti per interpretare esigenze e problemi.
     
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  5. tristanotradito
     
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    CITAZIONE (M'innamoravoDiTutto @ 16/9/2008, 11:16)
    da un lato c'è la banalizzazione dell'analisi da parte di molti "addetti ai lavori".

    Certo. Di narcisisti che vanno in televisione in cerca di pubblicità piuttosto che frequentare congressi ce ne sono troppi.

    CITAZIONE
    Dall'altro c'è il fatto che, a mio avviso, la stessa analisi si basa su categorie vecchie.

    Cosa intendi con vecchie? Tieni presente che, a parte il fatto che già all'epoca di Freud l'analisi era un universo molto più complesso (se consideriamo Jung, Adler e Ferenczi*) di quanto si creda grazie alla vulgata freudiana pansessualistica (e a parte il fatto che la stessa opera di Freud è un universo molto più complesso di quanto lasci credere la sua versione vulgata), la psicoanlisi post-freudiana, soprattutto grazie all'opera della Klein, è una cosa significativamente progredita.


    *A Houellebecq se fosse possibile chiederei anche solo se abbia la minima idea di quale fosse il punto della discussione tra Freud e questi personaggi e se sappia in cosa consista praticamente la differenza degli indirizzi che sono stati stati generati da essa.
     
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  6. M'innamoravoDiTutto
     
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    CITAZIONE (tristanotradito @ 16/9/2008, 11:58)
    Cosa intendi con vecchie? Tieni presente che, a parte il fatto che già all'epoca di Freud l'analisi era un universo molto più complesso (se consideriamo Jung, Adler e Ferenczi*) di quanto si creda grazie alla vulgata freudiana pansessualistica (e a parte il fatto che la stessa opera di Freud è un universo molto più complesso di quanto lasci credere la sua versione vulgata), la psicoanlisi post-freudiana, soprattutto grazie all'opera della Klein, è una cosa significativamente progredita.

    Nella teoria della Klein, che sicuramente (da quanto ho letto) ha portato molte innovazioni al metodo, ad esempio il rapporto madre-figlio ha una notevole importanza. Da ignorante in materia (tengo a precisarlo) credo però che nella società contemporanea capita anche che le relazioni più strette siano con soggetti non di rado diversi da quelli "canonici", al di là dei primi mesi di vita. E la stessa famiglia, sulla quale tanta psicanalisi si basa, è cambiata tantissimo. Ecco, poiché mi rendo conto che sto parlando senza conoscere la materia, vorrei domandare a te e chi altri ne sa, come si pone la psicanalisi di fronte a una maggiore flessibilità di ruoli all'interno della vita familiare.
     
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  7. noicheincominciamo
     
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    CITAZIONE (Hamlet da Hamelin @ 16/9/2008, 04:29)
    In nessun caso bisogna accordare la minima fiducia a una donna che sia passata per le mani degli psicoanalisti. Meschinità, egoismo, arrogante ottusità, completa assenza di senso morale, cronica incapacità di amare: ecco il ritratto esaustivo di una donna "analizzata"».[/font][/size]

    Sì, be'... più o meno mi c'identifico :B): .
    In analisi sono stata 4 anni, preceduti da una terapia più soft, e ci sono tornata di recente per un solo anno. Non sempre ho gradito il trattamento, anzi me ne sono "scappata" più volte, ma mi ha aiutato molto. Non credo che "trasformi" le persone in cinici egocentrici, io egocentrica c'ero già da molto tempo :P , ma può aiutare a scoprire aspetti del proprio carattere e meccanismi della propria psiche che non sempre è piacevole tirar fuori e ammettere con se stessi. E a conviverci piuttosto che sfrattarli come impossibili vicini che vengano continuamente a chiederti un po' di zucchero :) . O un trapano...
    E poi ti aiuta a riflettere molto, a fare meravigliose sinestesie, e a economizzare, giacché è un bagno di soldi!
    Sono in parte d'accordo con Gaia sul "vecchiume" di certe argomentazioni su tematiche come famiglia, omosessualità, ruolo maschile e femminile. Ma ricordo solo frammenti di conversazioni, magari fraintese e nemmeno riferibili a un contesto generale ma alla mia sola esperienza.
    E poi tutto sembra complicatissimo: che so, vi capitano una serie di storie d'amore "difficili", con persone che come spesso accade vengono dallo stesso ambiente (che so, università, palestra, associazione di volontariato...)? Non ci pensate nemmeno, alla sfiga, oppure a spiegazioni come "hanno caratteristiche e interessi simili, mi si sono presentati gli stessi problemi con tutti/e": no no, voi in realtà "non pensate di meritare amore, e allo stesso tempo lo cercate spasmodicamente, però da persone che non possano darvene, come con vostro padre/vostra madre, che vi ha trascurati quella volta che..." :P . Che sarà pure vero, eh, ma il fattore sfiga non viene contemplato abbastanza sul lettino :P .
    Vabbuo', qua si cazzeggia, ma alla fine l'analisi è un percorso che si fa in due, e un percorso ìmpari perché tu non sai niente dell'analista, che invece sa tutto di te. Le sue teorie su di te sono interpretazioni estranee che non possono prescindere dalla SUA visione del mondo. Scopri anche che capire "il perché delle cose" non ti fa magicamente guarire.
    Io sono stata più contenta e consapevole nei periodi immediatamente seguenti all'analisi: l'ideale per me sarebbe imparare dopo un po' a fare autoanalisi.


     
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  8. tristanotradito
     
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    CITAZIONE (M'innamoravoDiTutto @ 16/9/2008, 12:08)
    vorrei domandare a te e chi altri ne sa, come si pone la psicanalisi di fronte a una maggiore flessibilità di ruoli all'interno della vita familiare.

    Credo che solo difficilmente, problematicamente, una qualsiasi variazione delle forme della vita familiare (come le adozioni da parte di famiglie omosessuali se è anche a questo che alludevi giustamente) potrebbe entrare in conflitto con una necessità fondamentale schiettamente antropologica (direi meglio biologica, per ogni mammifero): quella della relazione dei primi mesi del bambino con il seno, e dunque con la donna.
    (La madre come ambiente originario è un'idea molto interessante di Winnicott).

    In altre parole, indipendentemente dalle trasformazioni cui senza dubbio andrà incontro la famiglia nel corso del XXI secolo, io mi auguro che i bambini continuino a nascere da ventre di donna e siano allattati nei primi mesi con latte di donna (madre o nutrice che sia; dove e come siano stati concepiti m'importa invece molto meno).

    Secondo le acquisizioni più avanzate delle neuroscienze, pare dimostrato che entro il primo anno di vita scompaia una percentuale significativa dei neuroni e delle connessioni neuronali presenti alla nascita, e il fatto che quelle cellule e connessioni sopravvivano dipende solo dalla loro utilizzazione. Pare quindi che l'esperienza del mondo che il bambino fa nei primi mesi plasmi la sua mente, e quindi il suo mondo, in modo decisivo (il che non so se voglia dire definitivo, dal loro punto di vista).

    La cosa affascinante di questo discorso è che implica l'idea che sia il significato (quale può essere interpretato dal bambino grazie a forme a priori presenti in lui - da questo punto di vista l'etologia e le neuroscienze stanno confermando le ipotesi di Jung, che in effetti presuppongono a loro volta, per certi versi, quelle kantiane - dal bambino che entra in contatto con il corpo materno, o cmq con un corpo da cui riceve amore o viceversa sia gettato in un mondo disperato senza amore) a dare forma alla mente fisicamente, e non la mente, fisiologicamente determinata, a determinare il significato.


    ***
    CITAZIONE (noicheincominciamo @ 16/9/2008, 12:27)
    alla fine l'analisi è un percorso che si fa in due, e un percorso ìmpari perché tu non sai niente dell'analista, che invece sa tutto di te. Le sue teorie su di te sono interpretazioni estranee che non possono prescindere dalla SUA visione del mondo. Scopri anche che capire "il perché delle cose" non ti fa magicamente guarire.

    A riguardo ti invito alla lettura del bellissimo libro di Hillman (uno junghiano a sua volta eterodosso), Il suicidio e l'anima. Perché ne risulta un approccio alla relazione analitica significativamente diverso.

    Edited by tristanotradito - 16/9/2008, 13:09
     
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  9. noicheincominciamo
     
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    Grazie per il consiglio, me lo procuro appena posso. La mia analista è freudiana, credo. Penso che come gli analisti, anche i pazienti abbiano un approccio diverso all'analisi a seconda della personalità. Per me che detesto dipendere da qualcuno il rapporto con l'analista è stato vissuto quasi come una lotta, specie da più giovane, come può risultare dalla mia descrizione.
     
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  10. tristanotradito
     
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    Per te che da vera chierica vagante del terzo millennio leggi correntemente l'inglese,
    James Hillman, Suicide and the Soul, Spring Publications, Woodstock, Connecticut, 1964, 1997.
    In italiano è pubblicato da Astrolabio, 1999.

     
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  11. Isa.
     
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    CITAZIONE (Hamlet da Hamelin @ 16/9/2008, 04:29)
    Non sono mai stato in analisi e non posso saperlo (voi sapete?), ma intanto da vari amici e conoscenti mi giungono testimonianze (e voi ne avete? o testimonianze contrarie?) sul fatto - o è ciò che appare dall'esterno - che la psicoanalisi peggiori le persone, rendendole egocentriche, insensibili eccetera. Leggo ora (che ne pensate?) una pesante provocazione, in tal senso, ritagliata dal romanzo di Michel Houellebecq Estensione del dominio della lotta:

    «Con l'alibi della ricostruzione dell'Io, in realtà gli psicoanalisti procedono ad una scandalosa demolizione dell'essere umano. Innocenza, generosità, purezza… tutto viene rapidamente triturato dalle loro rozze mani. Gli psicoanalisti, pinguemente remunerati, supponenti e stupidi, annientano definitivamente nei loro cosiddetti pazienti qualunque attitudine all'amore, sia mentale sia fisico; in pratica si comportano da veri e propri nemici dell'umanità. Spietata scuola di egoismo, la psicoanalisi sfrutta con agghiacciante cinismo le brave figliole un po' smarrite e le trasforma in ignobili bagasce dall'egocentrismo delirante, incapaci di suscitare altro che un legittimo disgusto. In nessun caso bisogna accordare la minima fiducia a una donna che sia passata per le mani degli psicoanalisti. Meschinità, egoismo, arrogante ottusità, completa assenza di senso morale, cronica incapacità di amare: ecco il ritratto esaustivo di una donna "analizzata"».

    Ho ripetuto in svariate occasioni parole simili se non uguali ( -> Meschinità, egoismo, arrogante ottusità, completa assenza di senso morale, cronica incapacità di amare). Quando parlo con uno/a psicanalizzato/a poi, ho la sensazione di essere catapultata proprio nella stanza dell'analista, al posto di quest'ultimo :wacko: , spesso non mi si guarda negli occhi se non quando si dicono stupidate, altre volte è il contrario, mi si forza a a fissarli. Trovo che lo psicanalizzato sia chiuso, anche se parli un sacco spesso così, tanto per essere ascoltato analizzato e avere argomenti a cui ribattere. Altra caratteristica è quella della protezione.. "io sto bene" o dell'autoindulgenza con frasi tipo "non posso andare contro me stesso" e similari quando gli si chiede di dare qualcosa in più proprio a sè e agli altri. Frasi con cui si giustificano, oppure problematiche reali che diventano un obiettivo inarrivabile "mi manca la figura materna/ paterna" e vai con la sostituzione di questa, che poi non regge mai più di tanto, e che vien spacciata per amore per l'altro. Forse la psicanalisi più che debellare i tratti negativi che derivano da traumi e cose varie, gli da un piccolo spazio a parte per farli crescere un po', affinchè non intralcino quelli positivi della personalità. Certo è che lo psicanalista diventa un sostegno, perchè senza poi.. si ha il caos, confusione e blocco. Non è che ora sto a stigmatizzare, ma trovo complicata e insoddisfacente, spesso triste e deprimente (ma io mi deprimo subito ) - indi da evitare - in alcuni frangenti la "comunicazione" con persone che si presentano con questo " filtro" invisibile.

    Edited by Isa. - 16/9/2008, 21:07
     
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  12. noicheincominciamo
     
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    Ancora una volta, dipende dall'approccio del singolo alla psicanalisi, immagino. Anch'io conosco psicanalizzati che perché si sono scoperti fragili ed egoisti si credono in diritto di esercitare queste "qualità" col resto del mondo. Spero di non entrare più in questa schiera, ma mi faccio poche illusioni :D .
    Credo che il grande equivoco da chiarire sia questo: l'analisi non ti "dà" difetti, te li tira fuori e te li accentua. Appunto, ti prendi la libertà di propinarli al mondo dal momento che hai preso atto della loro esistenza. I difetti per me preesistono e sono anzi il motivo per cui, in genere, si è entrati in analisi (al di là dell'occasionale delusione amorosa o, che so, periodo di autolesionismo...).
    Preferisco comunque narcisisti di tal fatta ad un'altra temibile categoria: quelli che hanno un palese bisogno di analisi e non ci vanno! I più feroci critici dell'analisi che ho incontrato sono stati quelli che avrei internato direttamente in un ospedale psichiatrico. Qui divento molto dura: la cosa nasce inizialmente da brutte esperienze, poi da più pacate riflessioni sullo status di certi amici "eterni malati". Se non in un ospedale psichiatrico, ste persone avessero il coraggio di ritirarsi per sempre in casa o di dire addio a questo mondo crudele. Se l'analisi non va bene come soluzione, ne cercassero un'altra. Va bene stare bene con se stessi, anche coi propri malesseri, ma imporli agli altri mi sembra la peggiore crudeltà.

    Edited by noicheincominciamo - 16/9/2008, 13:47
     
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  13. tristanotradito
     
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    Isa direi che i tuoi casi sono di persone che indulgono verso se stesse accampando l'alibi dell'analisi, e dicendo questo mi pare di incontrare il pensiero di Noiché quando dice:
    CITAZIONE (noicheincominciamo @ 16/9/2008, 13:36)
    Credo che il grande equivoco da chiarire sia questo: l'analisi non ti "dà" difetti, te li tira fuori e te li accentua. Appunto, ti prendi la libertà di propinarli al mondo dal momento che hai preso atto della loro esistenza.

    Simili effetti non potrebbero in nessun caso essere causati dall'analisi in quanto tale, o almeno mai direttamente, perché l'analisi (di qualunque indirizzo) in nessun caso è prescrittiva, non lo è da statuto, per metodo.
    In qualche caso le psicoterapie non analitiche consigliano, ma in nessun caso le psicoterapie (analitiche e non) prescrivono comportamenti da tenere con gli altri o con se stessi.
    La psicoanalisi si pone il problema dell'interpretazione dei fatti della vita inconscia. Si può discutere se ciò possa avvenire o meno in condizioni di rigore metodologico, ma per il resto direi che c'è solo molta letteratura e cattiva coscienza da parte degli analizzati cazzimmosi.



    Edited by tristanotradito - 16/9/2008, 13:40
     
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  14. Isa.
     
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    Me l'aspettavo questa risposta!

    Edited by Isa. - 16/9/2008, 13:42
     
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  15. tristanotradito
     
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    La risposta di chi.
     
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25 replies since 16/9/2008, 03:29   536 views
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