vivere per sé e/o vivere per gli altri

questioni di lana caprina

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  1. olcesamante
     
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    So che le discussioni che iniziano con una mia richiesta di aiuto sono in genere deleterie, ma sono reduce da una difficile discussione col mio migliore amico, e vorrei sottoporla a voialtre personcine intelligenti e più propense a ragionare. Mi stavo sfogando col mio amico perché un'epidemia di problemi ha coinvolto ultimamente le persone a cui voglio bene. La mia reazione è stata prendere decisioni che probabilmente potrebbero aiutare loro, ma che in un futuro neanche tanto remoto potrebbero danneggiare me, in parte già lo fanno. Il mio amico ha risposto, forse con eccessiva veemenza, che devo pensare prima di tutto a me e poi agli altri, la protagonista della mia vita sono io. Ho replicato che personalmente ritengo desiderabile perseguire un ideale di vita in cui coloro che amo vengano al primo posto nei limiti del possibile. La mia affermazione è estremamente problematica perché: un ideale non tiene conto di molti aspetti concreti della vita; la mia non è "solo" una scelta (mi si potrebbe ribadire che quasi tutte le scelte non sono del tutto "libere"), dal momento che fattori eterogenei, tra cui i miei ancestrali sensi di colpa, contribuiscono a renderla per certi versi un percorso obbligato; è difficile definire i "limiti" del "possibile". Inoltre, questo è un mio personale proposito: non contesto al mio amico il fatto di pensare diversamente, nè ritengo la sua tesi meno nobile della mia. Ritengo, naturalmente in via del tutto ipotetica, che comportarmi diversamente non mi renderebbe soddisfatta del mio atteggiamento, e non solo per i sensi di colpa o per un narcisistico spirito della crocerossina. La mia visione del bello, artificiale o costruita quanto vogliamo, mi fa sognare una vita in cui le persone trovino desiderabile la felicità degli altri prima che la propria.
    Man mano che scrivo e specifico meglio i miei pensieri mi rendo contro di tutte le problematiche che potrebbero sorgere per me. Lascio dunque a voi la parola, e la preghiera di postare un commento (diverso da "iesce, tuocca l'uommene", per favore: so che sarebbe la soluzione ideale!!! rolleyes.gif ).

    Edited by olcesamante - 9/4/2006, 01:33
     
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  2. nome
     
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    Forse mi sbaglio, ma credo che il tuo sia in "falso" problema. Credo che tu sappia che bisogna pensare a se stessi ma anche agli altri. La domanda allora è quanto a sè e quanto agli altri? E la risposta l'hai già data tu: non esiste una massima metacontestuale che regoli l'azione, ma bisogna travarne di nuove per ogni circostanze.
    Ci sono stati momenti in cui io non ho dato il "giusto" aiuto a persone a me care. Ma ciò è stato perchè dovevo aiutare me. Non è una forma di egoismo, pittosto una necessità: se io non sto bene non posso aiutare gli altri.

    Edited by nome - 9/4/2006, 12:59
     
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  3. Cercatore86
     
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    Sottoscrivo con qualche riserva ciò che ha detto nando ;)
     
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  4. particelladisodio
     
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    CITAZIONE (nome @ 9/4/2006, 11:22)
    Non è una forma di egoismo, pittosto una necessità: se io non sto bene non posso aiutare gli altri.

    Quoto in pieno,una cosa non esclude l'altra!

    Edited by particelladisodio - 9/4/2006, 14:36
     
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  5. GaborKinski
     
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    Io penso invece che tu abbia aiutato gli altri in una maniera tale che l'aiuto arrecato al prossimo abbia comportato un vantaggio, magari squisitamente morale e/o psicologico, a te stessa. Ma questa è una supposizione dovuta ai miei pregiudizi sull'altruismo.
     
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  6. falling
     
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    non sono d'accordo su quanto dice gabor: a mamm e mariaolce non si toccano!
     
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  7. olcesamante
     
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    CITAZIONE (GaborKinski @ 9/4/2006, 18:35)
    Io penso invece che tu abbia aiutato gli altri in una maniera tale che l'aiuto arrecato al prossimo abbia comportato un vantaggio, magari squisitamente morale e/o psicologico, a te stessa. Ma questa è una supposizione dovuta ai miei pregiudizi sull'altruismo.

    Assolutamente sì, il "vantaggio" personale dell'altruismo, di cui parla anche un individuo curioso di nome Anthony De Mello, è molto forte. Contemplavo anche questo fra i fattori che lo rendono una scelta quasi obbligata per me (perché ormai parte della mia "persona"), e comunque cercavo di approcciare il discorso anche tenendo conto dell'aspetto "materiale" dell'anteporre la volontà altrui alla propria. Col mio amico ho cercato di concludere, infatti, come se fosse un discorso economico, che nel lungo periodo avrei ricavato maggiori vantaggi dalle ulcere che mi minacciano adesso, se non altro in termini di riconferma della maschera che esibisco col prossimo.
    In una cultura che nei secoli ha promosso lo spirito di sacrificio come la massima aspirazione, ergendolo anzi a segno di superiorità su culture preesistenti, immagino che un discorso sull'altruismo che non tenga conto dei suoi vantaggi materiali sia incompleto.
    Credo anche, per rispondere all'acuto intervento di Nando, che sì, quando stai male difficilmente potrai aiutare gli altri. Magari però vai avanti per inerzia, nel senso che è quasi più facile aggravare l'ulcera che prendere la decisione, a suo modo coraggiosa, di "pensare per te".

    Edited by olcesamante - 9/4/2006, 21:13
     
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  8. nome
     
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    CITAZIONE (olcesamante @ 9/4/2006, 21:11)
    Credo anche, che sì, quando stai male difficilmente potrai aiutare gli altri. Magari però vai avanti per inerzia, nel senso che è quasi più facile aggravare l'ulcera che prendere la decisione, a suo modo coraggiosa, di "pensare per te".

    Pensare a se stessi è il primo dovere, il più istintivo e immediato. Ma come ben fai notare è facile (è più facile) farsi trascinare dall'abitudine, anche quando questa si fa portatrice di evidenti malesseri.
    Ciò per dire che fare la cosa giusta significa spesso fare la cosa più difficile. Resta poi una difficile realtà di fatto: il piacere derivato del merito della vittoria sugli ostacoli che la nostra natura e gli accidenti del mondo ci pongono, non è mai superiore al dolore e alla sofferenza che paghiamo per avanzare. La sofferenza per la crescita è un investimento non per la nostra felicità, ma per la dignità dell'uomo che si deve essere.
     
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  9. Lohengrin80
     
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    Maria che dirti... ti sono vicino... credo poi che il tuo punto di vista sia encomiabile...
     
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  10. Cercatore86
     
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    Oh cazzo Maria, non dirmi che leggi ed apprezi De Mello, per favore!
     
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  11. I.ntru.sa
     
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    Dipende anche da quanto sei legata alla persona che favorisci, e quanto preferisci l'ulcera a un distacco o alla perdita di questa persona. Spesso capita però di non focalizzare bene nè le proprie esigenze reali, nè quelle altrui. Più che una decisione, consiglierei una pausa. Prendere un po' le distanze, per valutare se davvero l'altro ha bisogno di noi (escludo i casi di emergenza, di vita o di morte) o se il suo bisogno è la proiezione di una nostra paura, la paura che magari non abbia affatto bisogno di noi.
     
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  12. Lohengrin80
     
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    a volte però bisogna pensare al proprio essere, nel giusto limite.... non esistiamo senza gli altri, anche se ci crediamo corazzati dai nostri morganatici mondi....
     
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  13. ciegantifaz
     
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    Ora mi viene un ulcera pilorica!

    Anthony De Mello...
    adorabile scribacchietto. A me piace. Tutto sommato è lui che ha raccontato, in Messaggio per un'aquila che si crede un pollo, questa storia...

    C'era una volta...
    «una donna che mi disse che, quando era bambina, suo cugino gesuita aveva organizzato un ritiro gesuita nellachiesa gesuita di Milwaukee. Egli apriva ogni incontro con le parole: "La prova dell'amore è il sacrificio; la misura dell'amore l'altruismo".
    Splendido!
    Le chiesi: "Vorresti che io ti amassi a costo della mia felicità?"
    Si, rispose lei.
    Non è una situazione deliziosa? Non sarebbe meraviglioso?
    Lei amerebbe me a costo della sua felicità, io amerei lei a costo della mia felicità.
    E così avremmo due persone infelici, ma...Viva l'Amore!!!»

    Eggià...Evviva Sempre l'Amore!
     
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  14. (ila/Jo)
     
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    E' più forte di me..ma io penso sempre prima agli altri,e poi a me stessa,anche se poi magari capita pure che mi danneggio da me... ;) :P
     
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  15. noicheincominciamo
     
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    Difficilmente prenderei le decisioni altruistico-masochiste di Olcesamante, per due motivi: 1) sono cambiati, nel tempo, i miei personali parametri "metacontestuali" di cui parlava Ferro Ferro:
    CITAZIONE
    Credo che tu sappia che bisogna pensare a se stessi ma anche agli altri. La domanda allora è quanto a sè e quanto agli altri? E la risposta l'hai già data tu: non esiste una massima metacontestuale che regoli l'azione, ma bisogna travarne di nuove per ogni circostanze.

    per cui sono meno disposta di un tempo a mettere da parte la mia felicità per quella altrui. La mia personale idea di felicità dipende meno che in passato dall'altruismo;
    2) sono sempre più convinta che, nella maggior parte dei casi, il "sacrificio" sarebbe inutile. Se un amico studente svogliato e scoraggiato dalla famiglia, che però non lavora, non ha i soldi per pagarsi le tasse universitarie, ed io ho dei risparmi, glieli do la prima volta, sapendo che se l'amico non cambia mentalità l'anno successivo avrà lo stesso problema. Se i problemi sono meno "materiali", la forza deve partire dall'altra persona, che posso al massimo consigliare e confortare. L'esperienza mi suggerisce che sarebbe troppo alto il rischio di essere infelici in due.
     
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44 replies since 9/4/2006, 00:13   1038 views
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