Marco Palasciano

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  1. ninfodoro
     
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    Si sa che, parlando di letteratura, i confronti metrici tra grandezze, ampiezze e posizionamenti sul Parnaso sono cosa tanto arbitraria quanto inutile; e nondimeno il paragone tra la scrittura stratificata e geniale di Palasciano e gli esperimenti di Grossetti mi sembra davvero approssimativo.

    Per quanto riguarda Palasciano, è noto l'entusiasmo della critica per il suo romanzo d'esordio; ad esempio, sull'Indice:

    http://www.lavieri.it/rassegna/indice1.pdf

    Su Grossetti ho trovato questa post-recensione in rete.

    http://www.poiein.it/autori/M/Montalto/bruttilibri.htm

    Chiederei ad antorusso81, che ne ha proposto la lettura, di chiarire le ragioni del suo entusiasmo, perché possiamo condividerlo tutti.

     
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  2. antorusso81
     
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    CITAZIONE
    Chiederei ad antorusso81, che ne ha proposto la lettura, di chiarire le ragioni del suo entusiasmo, perché possiamo condividerlo tutti.

    A questo punto mi tocca elaborare più chiaramente una risposta.

    Ho prima io commesso l'errore di azzardare un paragone senza aver letto il libro del succitato Palasciano(inutilmente ho precisato di essermi basato su un file audio reperito dal sito propostomi), visto l'"entusiasmo della critica",e il pronto scuotersi di avvocati difensori, non dovevo azzardare probabilmente una risposta a colui che ironicamente mi si manifestava come l'"inattuale" e che si denomina anche "cervello mostro" e che all'apice del delirio soggettivo si fa propugnatore di un'Accademia unica, la sua:tutti questi elementi erano abbastanza solidi come provocazione persino ad un mediocre come me.
    Ma come mi sarà venuto in mente di elevarmi al confronto senza avere né arte né parte? I miei soliti colpi di testa e la mia solita presunzione poggiata sul nulla.
    Certo ben più simpatica è stata la risposta di Hamlet, almeno ha avuto compassione per la mia ignara sfrontatezza e l'ha messa sull'ironico, sicché tutto si chiudeva lì senza che continuassi ad autoflagellarmi in un confronto impossibile contro il goliardo-Golia(questo giuoco di parole sarà certamente pessimo e mi è venuto a caso:ahimé, non sono in grado di leggere Dio dalle parole crociate...).
    Umilmente chino il capo e mi richiudo nel mio guscio di ignoranza.

    Perché ho ceduto all'istinto di parlare di modelli? Semplicemente perché spesso mi fanno leggere materiale poetico e narrativo e spesso mi trovo a spiattellare loro in faccia i modelli originali dei quali si mostrno, anche involontariamente, degli inutili cloni (e questo non può essere il caso del Palasciano).

    Mi pareva di aver capito che questo scrittore italiano, che non conosco(ed ho precisato di non avere una panoramica sulla narrativa contemporanea, anche se continuo a pensare di non perdermi granché), ricercasse un modo di scrivere sperimentale, goliardico, ludico, con riferimenti a Rabeleis, Joice, Calvino, Queneu e compagni (non credo Borges perché si entrerebbe in un altra dimensione rispetto ai precedenti); quindi ho calato questo abbozzo di poetica da me dedotto nel panorama napoletano e ne ho tratto fuori un nome, Ferdinando Grossetti, che ha fatto qualcosa di simile in poesi a livelli molto alti.
    Urge precisare a questo punto che ho ammirato ma non mi ha appassionato la lettura del Grossetti semplicemente perché non mi piace questo modo di fare letteratura, e qui si entrerebbe appunto in un insolubile dibattito di poetica, ma devo mettermi in ballo esplicitando i miei gusti ed anche la mia modesta idea di poetica visto che io stesso scribacchio (e qui mi faccio un complimento, essendo un uomo senza qualità):personalmente ricerco una scrittura che metta in scena l'apocalissi psichiatrica cui l'uomo si avvicina, e i riferimenti da ricodificare non possono essere che Céline e Dostojevskij.

    A questo punto faccio un qualche citazione concernente le mie miopi osservazioni, e sperando di essere compreso.

    Majakovskij, articolo "Chlebnikov" del n.4 di "Krasnaja nov" 1922:
    <la parola nel suo senso attuale ha carattere di casualità, è necessario soltanto per la pratica. Ma la parola esatta deve svariare ogni sfumatura del pensiero.
    Chlebnikov ha creato un intero sistema periodico della parola. Prendendo una parola dalle forme ancora non sviluppate, inesplorate, e raffrontandola con una parola già sviluppata, egli ha dimostrato che la comparsa di parole nuove è necessaria e inevitabile>
    l'articolo cita alcuni versi del Chlebnikov:
    <i boschi sono pelati./Hanno disalciato i boschi. Hanno disvolpato i boschi>
    <alipredando con auroscittura di sottilissime vene,/un grilletto ha riposto nel paniere del ventre/molte erbe diverse e giunchi./Pin-pin-pin ha zirlato uno zigolo./O fuscello del crepuscolo serale!/Riluci!>

    Ora mi sposto alla raccolta poetica di Grossetti "Contra-cantica", pubblicata nel 1986 da NO.TOR editore, e cito dalla poesia "Contra-cantica" scritta nel 1984:
    <la chiacchiera è alacre e divulgata
    qui è risico
    insulto
    azzardo
    'tuòsseco'
    e veleno.
    ma prima d'ogn'altro vituperio
    lacerto d'izza
    'nippolo' d'ingiuria
    sollazzo
    e 'arravuoglie'
    via dalla 'zentraglia' di oralità sguaiata
    e gli esterni di sole
    di mare
    di fraudolenza.
    la 'ciocca' è di stupore
    :
    'nu nùreco e crerenze'
    'na trezza e lamentele'
    'nu schianto'
    'na resata'
    'nu gliummoro e canzone'
    e non faccio che contarli i pappatori
    :
    sono tanti
    io stanco
    tra i più
    cancheri
    allappati d' 'uosemo'
    ipotesi
    rapina
    lenocinio.
    la forza di un pugno
    lo sfregio d'un coltello
    'a pupitola e na lengua'
    l'urlo di un folle
    un puro-parsifal
    una glottide
    un tic
    un sarrussofono
    quanto meglio d'inserto
    e d'altra mantra
    e sono ancora qui-lì-oltre
    a rompere il pio-pisolo
    la tantafera
    la coglia
    con il canto nella notte
    del crac e lo sconforto
    [...]>

    Ed Emilio Villa scive nell"Epistola" del suddetto libro, come critica:
    <grossetti 'realizza' a tempi e correnti alterne l'urgenza del designificare, del de-nominare, cioè abradere il nome al significato per farlo 'scoppiare' o 'saltare': per limare e eliminare l'equivoco discorsivo, scorrente, cioè la vanità del significato, e trovare nuova e schietta esposizione di 'verbum': che è segnale e sigillo di supposto e inconscio potere della parlata, della crescita della parola nella mente e nella materia-uomo-suono.
    [...]>

    A questo punto, sempre umilmente, dichiaro molto improbabile che Chlebnikov e Grossetti c'entrino qualcosa col Palasciano, e con pari umiltà propongo la conoscenza di questo poeta napoletano che non gode di nessun riconoscimento ufficiale a livello accademico (e quindi non è nessuno, di fatto i suoi libri di poesie sono fuori commercio) eppure per lui, a quanto mi hanno mostrato in materiale cartaceo, si sono espressi parecchi critici anche importanti, e tra questi anche un nostro professore, forse D'Ambrosio, ma qui potrei sbagliarmi.
    E qui finisco
    Antonio Russo
     
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    CITAZIONE (antorusso81 @ 28/3/2007, 10:53)
    visto l'"entusiasmo della critica",e il pronto scuotersi di avvocati difensori, non dovevo azzardare probabilmente una risposta a colui [...] che all'apice del delirio soggettivo si fa propugnatore di un'Accademia unica, la sua

    :cry: Popolo del forum, dichiaro la mia non responsabilità aizzamentale nello scotimento palasciadifensivo dell'Avv. Ninfodoro: mi limitai a domandargli se conoscesse Grossetti, segnalandogli la discussione, e lui si accalorò, per esagerato amor dell'arte mia; la quale è meno soggettivodelirante di quel che sembri; infatti il motto sotto l'avatar che tengo, «Accademico di nulla accademia (eccetto la sua)», non fa che aggiungere una parentetica a un motto di Giordano Bruno, al cui non-accademismo io mai mi sognerei di derogare, e l'Accademia Palasciania tutto è fuorché accademia; vi supplico, non crediate ch'io sia un antipaticone ebbro di spocchia! Peace & love :rolleyes:

    Per il resto, le interessanti note del Dott. Russo sulla poetica meriterebbero sviluppo in una discussione a parte.

    Edited by Hamlet da Hamelin - 28/3/2007, 16:24
     
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    ;) Qui la striscia dell'Indice di marzo ove siamo citati io e l'Accademia!: image

    (E, più sotto, una "storica" foto di me nel mezzo della munnezza...)

    (Che potrei anche usare come avatar.)

    Edited by Hamlet da Hamelin - 12/6/2007, 13:59
     
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    ;) Ecco a voi l'ultima recensione! è di Gianluca Gigliozzi (l'autore di Neuropa), ed è uscita a marzo 2007 sul prestigioso bimestrale di letteratura «L'Immaginazione», ed. Manni, annata XXII, n. 228:


    I Borboni non finiscono mai

    Dal sintagma d’avvio (“Un carnevale”) a quello finale (“Per Gioco”) in Prove tecniche di romanzo storico di Marco Palasciano (Lavieri, 2006) il romanzo storico com’è tradizionalmente inteso è esposto al ludico ludibrio: con ironia travolgente questo testo mina alle basi il genere e la logica dello spettacolo a cui esso è conforme. La rappresentazione si concentra sugli anni 1799-1815 tra Napoli e Capua, dalla rivoluzione partenopea al ritorno dei Borboni, ma non saccheggia la storiografia per sfruttarne gli oggetti opportunamente stabilizzati, piuttosto ripercorre, di questa scienza troppo umana, le modalità espositive, l’impersonalità saccente, le strutture come le storture. Lo afferma l’autore-narratore, in un passaggio cruciale del racconto, che ne svolge il programma: “Ma io penso che qualunque cialtrone sia capace di andare a chiudersi in una civica e cimiteriale biblioteca e là studiarsi per il dritto e per il rovescio tutta la situazione borbonica e post-borbonica quando gli pare, se gli interessa, perciò sarebbe superfluo che io qui imbottissi la tractatio con didascalismi iperrealistici. Come dice Einstein, l’immaginazione è più importante della conoscenza” (p. 16). L’immaginazione di Palasciano re-inventa il conosciuto e insinua, a forza di sberleffi, che ad aver fatto la Storia non siano tanto gli illustri risaputi, attori gloriosi, bensì dei personaggi defilati, smaniosi di visibilità o d’appoggi mondani, a cui gli eroi e le loro vicende sono finite in pasto. Nella finale “Nota per i critici neoborbonici” l’autore dichiara che il suo testo non è stato ideato per esporre “quello che fu, ma ciò che alcuni dicono che fosse” (p. 105). Tant’è vero che uno degli storici citati nel racconto, il Colletta, si scopre essere, al termine d’uno dei capitoli più spassosi, il generale Colletta (“Ecco come faceva ad avere tutte quelle informazioni di prima mano”, p. 29). Ma i punti di vista degli storiografi, per quanto settari o venali, di solito si fondano su una sobrietà costitutiva: da loro il passato può essere interpretato, finanche snaturato, ma il loro resta sempre un lavoro su analoga, su nomi che designano costellazioni di fatti, rapporti e valori, non certo formule stregate atte a far risorgere la loro epoca per il diletto dei posteri, come avviene invece nelle operazioni romanzesche che mirano a ricostituire l’evento grandioso “dal basso”, ossia dal punto di vista di singolarità determinate, di destini travolti. Queste operazioni, in nome dell’affabulazione, assicurano fette di passato a una confortevole figurazione, divorano casi nazionali e restituiscono miti analgesici, riproducendo così un simulacro di ciò che non è mai stato: uno Zeitgeist in maschera la cui immagine è vivificabile a colpi di teatro. Palasciano, rovesciando con violenza parodistica il genere, ne fa affiorare l’inganno, la regia occulta, la plastica; irride una maniera sclerotizzata, appunto borbonica, finendo così per rivelarne la postura estetizzante e a-storica, complice dello Spettacolo Totale. È scaltro architetto della prosa, da neobarocco autentico, esperto di pieghe e tessiture: nel suo testo l’eccedenza verbale porta sempre un surplus di senso, non è compiacente turgore o indulgenza al melodioso. Effettua un doppio bilanciamento: sovraccarica la frase (stile immaginoso, metaforico) ma compone quadri contratti: raggruma, mai disperde (effetto di densità); il libello risulta così saturo ma scattante. La composizione è molto libera, ondivaga (ricorda modelli iberici: La corte dei miracoli di Ramon del Valle Inclàn, ma anche gli ultimi film di Buñuel). Ogni quadro ha un punto di vista differente e una sua scena, in rapporto variabile con la serie di eventi; il rappresentato s’articola intorno alle dinamiche di personaggi molteplici, che brulicano da un capitolo all’altro alludendo al moto browniano che è di ogni presente: del presente che fu come di questo che è l’oggi. Solo in una sequenza (“I Pispigli delle Mermaidi”) il racconto si concentra più saldamente intorno a due attori (Murat e Carolina Bonaparte): è un sontuoso “largo” sinfonico, il momento “esistenziale” del racconto; il tono mesto di chi ben sa della propria disfatta imminente. L’autore, con virtuosismo caustico, gioca ad assimilare codici non letterari (segnala tipi d’inquadrature o di colonne sonore: “Assolo di corni su tremolo di violoncelli” è l’attacco mahleriano del capitolo 4.3) non tanto perché il suo stile sia più performativo che prosastico, ma per far meglio trasparire ciò che il genere dissimula di sé: l’artefatto, la presunzione abissale. E in chiusura, per giocarne ancora un’altra ai restauratori neoborbonici del romanzesco, Marco Palasciano aggancia la Capua di ieri a quella d’oggi: ritocca una genealogia della sua famiglia, innestata nel racconto a partire da una coppia di sposini, di cui lui, in attesa di diventare padre, è anche amante d’un ufficiale austriaco. Nel capitolo finale, quest’ultimo, certo Markwald (che amò a Vienna nientemeno che Beethoven), forse per volersi sentire co-padre del nascituro figlio dell’amante capuano, abbozza una teoria genetica secondo cui lo Zauberfluidum, il fluido magico ricevuto dal Genio, potrà, grazie alla sua mediazione carnale, confluire nell’Ur-Palasciano e passare attraverso la sua discendenza, fino al Marco contemporaneo, forse così mantenendo nei secoli vivo il culto della beethoveniana variazione continua e dell’anima non ancora del tutto venduta allo spettacolo integrale.

    Gianluca Gigliozzi
     
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    DOMENICA 13 maggio,
    ore 12.00,
    CASERTA,
    locanda di via Pollio 52 (pressi via Duomo):

    APERITIVO E PRESENTAZIONE DEL MIO LIBRO
    "Prove tecniche di romanzo storico",
    con lettura anche di testi inediti.

    Ciò nell'àmbito della
    Settimana della Cultura.

    GRATIS!
     
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    :woot: Importante presentazione (la più importante, finora)!:


    Napoli, Palazzo Reale,
    martedì 5 giugno 2007, ore 17.30

    a cura della Fondazione Premio Napoli

    Prove tecniche di romanzo storico
    di
    Marco Palasciano

    sarà presentato da Corrado Bologna,
    e da Francesco De Cristofaro,
    con una introduzione di Silvio Perrella,
    moderatore Edgardo Bellini,
    presente l'autore che leggerà alcuni passi del libro.

    image

    Inoltre la sera prima, il 4 giugno,
    presentazione minore (ma di non minore gusto)
    alla cioccolateria Serendipity
    di Portici (NA)



    In realtà al momento non sono sicuro se il moderatore sarà Bellini o De Cristofaro, ma devo partire per la Spagna e intanto dovevo pur darvi un avviso in qualche versione. Nel frattempo vi prego di passar parola e di far sì che, colla vostra gradita presenza e quella de' vostri amici e sodali e parenti e amanti, la sala sia pienissima!, ché sarà invero l'evento più importante della mia vita letteraria, e s'à da fare bella figura. Grazie!

    Edited by Hamlet da Hamelin - 26/5/2007, 16:55
     
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    ;) Ecco, qui è più ufficiale...

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    :woot: Che belle presentazioni il 4 e il 5! Il 4 c'era un'atmosfera più intima (per metà evento ho letto poesie, fuori programma; e che almi dolci ci son stati offerti!); il 5 è stato un trionfo (sala piena, gente seduta per terra, professoroni in gran forma [il più ludico era il più serio, e il più serio era il più ludico! potenza metamorfica dell'arte!], applausi a scroscio, abbracci d'angeli, progetti di tesi di laurea su di me)...
     
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    Massimo rispetto!

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    Complimenti Marco, devo dire che la cosa è riuscita veramente bene.
    E' stato uno spasso vedere Bologna come sussultava alle tue folli grida!

     
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    CITAZIONE (thc10 @ 7/6/2007, 11:00)
    E' stato uno spasso vedere Bologna come sussultava alle tue folli grida!

    ;) Grazie grazie... (Chiariamo alla gentile utenza che gridavo al leggere le parti gridevoli dei brani di cui davo lectura, e non in preda ad attacchi isterici da presentazionite acuta...)
     
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  12. Aspasia
     
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    Marco tesoro volevo venire alla presentazione ma nn ce l'ho fatta a causa di un limone di 500g colto dalla pinta di mia nonna, ottimo! così invitante che un altro poco mi stava mandando all'ospedale.. Se tu giri con la carta igienica per altri problemi, io ho i problemi inversi ...

    per questo mi son fatta davvero del male....

    ma la mia gola mi ha vinta
     
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    CITAZIONE (Aspasia @ 8/6/2007, 09:51)
    volevo venire alla presentazione
    ma non ce l'ho fatta a causa di un limone

    :blink: OK... giustificata...
     
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  14. raffycell
     
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    il 5 è stato un trionfo (sala piena, gente seduta per terra, professoroni in gran forma [il più ludico era il più serio, e il più serio era il più ludico! potenza metamorfica dell'arte!], applausi a scroscio, abbracci d'angeli, progetti di tesi di laurea su di me)...



    ...notare i posti vuoti! Non vorrei fare polemica con te....anche perchè nn ho ancora letto il tuo libro...però devo puntualizzare alcune cose: la presentazione è stata davvero valida soprattutto per la presenza del Prof.Corr@do Bològn@ il quale è riuscito a rendere bene il tuo fine ultimo...e cioè (secondo sempre il mio personalissimo parere) il tuo volere apparire a tutti i costi, come se il mondo e la letteratura aspettassero solo te! Mi dispiace doverti dire che gli applausi scroscianti erano per i maestosi interventi di Dè Crisat@faro e Bològn@, i quali hanno creato un'aura di ilarità in tutta l'aula.
    Scusami ancora ma nn sopporto le bugie!
    Raffaella
    Attached Image
    provet1.jpg

     
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  15. tristanotradito
     
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    L'intervento del professor Bòlogn@ è stato complesso e ha certo condiviso idee importanti sull'operazione letteraria di Marco Palasciano. Ma le affermazioni a cui hai alluso (libro-beffa, conquista del palazzo reale), che avrebbero, a tuo avviso, messo alla berlina quello che per te sarebbe "il suo fine ultimo" non solo erano iperboliche (ad esprimere il modo in cui uno pseudo romanzo storico possa non fare altro che dare corpo all'immaginario irriducibile di un Esserci che vuole imporsi sul non senso), ma non volevano certo ridurre la scrittura di Marco a quello. Non volevano ridurla. Dovremmo altrimenti immaginarci un Bologn@ - uno che normalmente prefà ai libri di Starobinski, Spitzer e Unamuno - che verrebbe da Roma a Napoli a presentare un libro di un allievo di un collega ritenuto (il libro) mero esibizionismo di un narcisista. Lo ha chiamato al massimo "giullare", Marco; lui, amante e studioso della lirica provenzale.
    (Con questo non voglio negare che un'ipotetica intenzione del genere avrebbe dei precedenti, c'è il caso clamoroso di Eugenio Garin che scrive l'introduzione all'Autunno del Medioevo di Huizinga dicendo in sostanza che è un libro mancato).
    Tra l'altro, basta conoscere appena il pensiero di Bologn@ per capire che, se anche fosse stato non iperbolico parlando di beffa, non si sarebbe certo riferito ad un imbroglio commerciale.

    Quali sarebbero le bugie? Il trionfo? E se il Palasciano ha percepito come trionfo l'aver ricevuto per il suo libro (dativo, non causale) quel tipo d'attenzione a te che te ne frega? La foto che hai messo a cosa serve, a dimostrare che c'era almeno un posto vuoto, sbugiardando così le insopportabili bugie del Palasciano? Ma se la questione è da porre in questi - in verità un po' sconvenienti a mio avviso - termini allora io posso dire che ero seduto sul divano sul fondo e posso giurare che nei miei pressi c'erano almeno due persone sedute a terra.

    In ogni caso, questo tentativo detrattorio avrebbe potuto avere luogo solo dopo aver letto il libro, visto che è del libro e non di Marco che si è parlato alla presentazione ed in generale ci si interessa (a parte il sottoscritto e pochi altri, amici dello scrittore in carne ed ossa), e visto che dell'atteggiamento di un artista è sciocco scandalizzarsi (o infastidirsi almeno, come te), foss'anche antipatico e infantile (l'artista non può che essere sovranamente infantile, essendo l'arte Essere, cioè senso, che si dà in forme esteticamente intendibili sovranamente, in totale insubordinazione ad ogni utilità e fine allotrio - e ricordando in questo il serissimo gioco infantile, non lo scherzo adulto - in funzione nemmeno del senso, essendo senso essa stessa).
     
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190 replies since 25/3/2006, 21:03   7509 views
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